Come si nutrono le piante?
Quando si parla di nutrizione delle piante, la mente corre subito ai fertilizzanti, alle concimazioni o alle problematiche. In realtà, quello che accade sotto la superficie del suolo è molto più complesso di una semplice “somministrazione” di nutrienti.
Ogni pianta, grano compreso, è protagonista di un vero e proprio dialogo con il suolo. Un dialogo fatto di scambi, cooperazioni invisibili e, a volte, anche conflitti.
Ma come fa una pianta di grano ad alimentarsi?

Tutto parte dalle radici
La nutrizione inizia con le radici. Il loro compito è assorbire acqua e nutrienti dal suolo, ma non possono farlo in autonomia. La maggior parte degli elementi utili alla pianta non si trova in forma “pronta all’uso”, e non si muove nel terreno come accade nell’acqua.
È qui che entra in gioco un mondo invisibile: quello della rizosfera, la zona del suolo a stretto contatto con le radici. In questo ambiente, si concentrano microrganismi, funghi e batteri che interagiscono attivamente con le radici, aiutandole a sbloccare elementi come fosforo, potassio, azoto e zolfo.
In cambio, la pianta fornisce a questi organismi zuccheri e composti organici prodotti attraverso la fotosintesi. È un rapporto di scambio virtuoso, che va oltre la semplice sopravvivenza.
Non tutte le radici sono uguali
In VIVA abbiamo imparato a riconoscere le differenze tra le varietà di cereali anche nella loro capacità di dialogare con il suolo.
Colture come la segale o il farro monococco, ad esempio, sviluppano un apparato radicale più profondo e resistente, in grado di esplorare meglio il terreno. Questo permette loro di nutrirsi con maggiore efficienza, anche in condizioni di suolo povero o clima più secco.

Il grano tenero, invece, pur essendo più esigente, può beneficiare dello stesso approccio se inserito in un sistema agricolo che ne valorizzi il potenziale: rotazioni, sovesci, gestione del microbioma e osservazione costante del campo.
Nel nostro lavoro, abbiamo visto come varietà diverse reagiscono a suoli, climi e tecniche differenti, e stiamo raccogliendo dati comparativi proprio su queste differenze per capire come ottenere il meglio da ciascuna.
Il ruolo fondamentale del suolo
Un suolo vivo è la prima condizione per una buona nutrizione.
Oltre ai microrganismi, entrano in gioco molte variabili: la tessitura (sabbiosa, argillosa, limosa…), il pH, il contenuto di sostanza organica, la capacità di trattenere l’acqua e l’aria. Ogni terreno ha caratteristiche specifiche che influenzano l’efficacia dell’assorbimento dei nutrienti.
Ad esempio, un terreno argilloso può trattenere bene l’acqua, ma tende a essere meno areato, mentre un suolo sabbioso ha il problema opposto.
Conoscere queste caratteristiche permette di adattare le pratiche agronomiche in modo mirato: dalle concimazioni alla scelta delle varietà, fino alle lavorazioni del suolo.
Se vuoi approfondire come è composto il terreno, leggi il nostro articolo dedicato.
Un sistema vivo si monitora nel tempo
La nutrizione è un processo. Non basta sapere com’è fatto il terreno: serve capire come evolve nel tempo, e come risponde alle pratiche colturali.
Per questo, in VIVA utilizziamo un sistema di agricoltura di precisione che ci permette di monitorare costantemente lo stato del suolo, della coltura e dell’ambiente. Immagini satellitari e rilievi sul campo ci aiutano a capire quando e dove intervenire, anche solo per correggere una carenza localizzata.
Se vuoi approfondire come funziona il nostro sistema di monitoraggio, puoi leggere l’articolo dedicato.

Nutrizione e qualità
Il tipo e la disponibilità dei nutrienti nel terreno influenzano direttamente la qualità della spiga, e quindi della farina che ne deriva.
Un grano ben nutrito non è solo più produttivo: è più ricco di nutrienti, più resistente alle malattie, e spesso più aromatico. Tutte caratteristiche che si ritrovano nei pani fatti con le nostre farine.
In questo senso, coltivare bene significa già iniziare a panificare meglio.